Lessicografia della Crusca in rete

1) Dizion. 5° Ed. .
LEZIO
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LEZIO.
Definiz: Sost. masc. Atto, Modo, Detto, e simili, affettato, molle, svenevole, usato specialmente da donne, per parere più, graziose, e da fanciulli; Vezzo smorfioso; e adoperasi comunemente nel numero plurale.
Forse dal lat. licium, Liccio, e anche Ornamento del capo delle donne; o dal lat. delicium per deliciae, caduto il de. –
Esempio: Poliz. Rim. C. 315: Sempre mai questa sazievole E in su' lezj e smancerie, Una cosa rinerescevole In suo' borie, in suo' pazzie.
Esempio: Machiav. Comm. 117: Quanti lezj ha fatto questa mia pazza!
Esempio: Firenz. Pros. 1, 295: Mordersi talora il labbro di sotto non affettatamente, ma quasi per inavvertenza, che non paressero attucci o lezj, rare volte, rimessamente, dolcemente,... è una cosa graziosa, ec.
Esempio: Buonarr. M. V. Rim. G. 149: Lezj, vezzi, carezze, or feste e perle.
Esempio: Buonarr. Fier. 2, 1, 13: Fa graticola Delle mani, e ride e giocola Con cento atti e cento lezj.
Esempio: Red. Osserv. Vip. 61: Per levare una certa ubbia a quelle volgari donnicciuole..., le quali, come troppo casose..., erano solite forse di fare grand'atti e gran lezj.
Esempio: Magal. Lett. scient. 239: Le dame autorizzano, colle parole e le frasi, le maniere del parlare e i lezj del profferire.
Esempio: Not. Malm. 2, 588: Così verrebbe a dirsi che Far le moine fosse quasi come dire Far le monnine, cioè gli scherzi e i lezj, che fanno le monne, per buscare da mangiare.
Esempio: Pindem. Poes. 333: Ed ella intanto Nota di questa il crin, di quella il velo, Lezj e attucci d'un'altra ec.
Esempio: Giobert. Introd. 1, 252: Chi è buono e franco diventa un dappoco fra i tristi, e l'uomo grave e forte riesce ridicolo o insopportabile a chi si pasce di frasche e di lezj.