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CAUTERIO, e in poesia talvolta anche CAUTERO
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CAUTERIO, e in poesia talvolta anche CAUTERO.
Definiz: Sost. masc. Termine di chirurgia. Apertura che si fa in qualche parte del corpo mediante caustico o ferro rovente, affinchè, debitamente curata, ne sgorghino gli umori; che anche dicesi Rottorio.
Dal gr. καυτήριον, lat. cauterium. –
Esempio: Cresc. Agric. volg. 325: A far cauterio senza fuoco pestisi la flamula, e pongasi sopra 'l luogo che si vuole incendere.
Esempio: Tass. Lett. 2, 248: Volentieri mi caverei sangue, e mi farei un altro cauterio nel braccio, come egli consiglia.
Esempio: Davil. Guerr. civ. 5, 379: Sogliono i prudenti medici deviare con un opportuno cauterio gli umori nocivi, che affliggono ed impiagano i nostri corpi.
Esempio: Red. Cons. 1, 145: Allora bisognerebbe far della necessità virtù, ed accomodarsi al cauterio nella nuca.
Esempio: Menz. Sat. 74: Che se avessero a fare un cautero, Il farien n'una tempia o in un ginocchio, Per mandarci arrabbiati al cimitero.
Definiz: § I. E figuratam. –
Esempio: Buonarr. Fier. 3, 1, 5: Stà ascoltarmi, E pensa del tuo male aver vittoria, Se tosto un cautero Ti fai nella memoria, Che purghi ogni pensiero.
Definiz: § II. Trovasi anche per Bruciatura di qualche parte del corpo offesa, a fine di medicarla. –
Esempio: Mattiol. Disc. 2, 1506: Il cauterio attuale fatto con ferro, ovvero con oro o argento infocato, non solamente è rimedio salutiferissimo nella morsura del cane rabbioso, ma ancora di molti altri animali velenosi.
Definiz: § III. Cauterio, figuratam. e in ischerzo, diciamo a Persona molesta che ci stia sempre attorno, e c'infastidisca con la sua presenza o conversazione.