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1) Dizion. 5° Ed. .
INGOIARE.
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INGOIARE.
Definiz: Att. Spingere, Mandare, Buttare, giù per la gola nello stomaco, per lo più avidamente e d'un fiato, riferito a cibi, e par estensione a checchè altro si sia, detto così di persona, come di animale; Trangugiare; ma prendesi anche per Inghiottire.
Probabilmente ha origine comune con ingollare, del quale è forse modificazione. –
Esempio: Pulc. L. Morg. 18, 162: E' basta un bigonciuol così tra noi, Or che non c'è il gigante che c'ingoi.
Esempio: Ar. Orl. fur. 15, 43: Molti ne squarta, e vivo alcun ne 'ngoia.
Esempio: Tass. Gerus. 12, 79: Ma s'egli avvien che i vaghi membri suoi Stati sian cibo di ferine voglie, Vuo' che la bocca stessa anco me ingoi, E 'l ventre chiuda me che lor raccoglie.
Esempio: Not. Malm. 1, 139: Ingoiare. Trangugiare, Mandar giù in corpo una cosa, senza anche masticarla: che si dice anche Ingollare.
Esempio: Corsin. Stor. Mess. trad. 687: Fece sparger voce che Villafagna poco prima di morire avesse trovato modo di lacerare e ingoiarsi un piccolo foglio, nel quale di ragione non poteva esser altro che i nomi o forse le firme istesse de i congiurati.
Esempio: Salvin. Iliad. 44: Quivi egli (un drago) in miserabile maniera Quei s'ingoiava (i passerotti), che morian stridendo.
Esempio: Vallisn. Op. 3, 330: Chi al contrario con pazza curiosità cerca d'esaminarle (le pillole), e masticandole e assaporandole pensa di conoscere il loro arcano modo di operare, se gli guasta il palato, s'imbarazza e si confonde, riuscendogli amare, incapibili e disgustose, onde non può più se non con forza tormentosa ingoiarle.
Esempio: Parin. Poes. 157: Quale Finge colui, che con la gobba enorme E 'l naso enorme e la forchetta enorme Le cadenti lasagne avido ingoia.
Esempio: Fiacch. Fav. 2, 33: Ei (un rospo) nel gestire osservala (una lumaca), e interrotto Lascia il discorso, e ingoiala di botto.
Esempio: Giust. Vers. 143: Da un lato, un gran carname Erisitone ingoia, E dall'aride cuoia Conosci che la fame Coll'intimo bruciore Rimangia il mangiatore.
Definiz: § I. In locuz. figur., e figuratam. –
Esempio: Dav. Tac. 1, 162: Disse piano a Tiberio cenante con Druso: Druso t'avvelena nella prima taza; non la bere. Il vecchio per tale inganno la prese e porse al figliuolo, il quale come giovane la tracannò; e tanto più fece credere d'essersi per paura e vergogna ingoiata la morte, che al padre mescea.
Esempio: Buonarr. Aion. 1, 43: Ed ecco fuore Un altro vento, ecco improvvisa noia, Ch'ogni piacere ed ogni spasso ingoia.
Esempio: Manz. Prom. Spos. 633: Lo stato di Milano non è un boccone da ingoiarsi così facilmente.
Definiz: § II. Pur figuratam., detto sia di terra, sia di mare, e simili, quando, aprendosi o avvallando, ovvero agitandosi furiosamente, fa sprofondare nella sua voragine o cavità, o ne' suoi vortici, persone o cose. –
Esempio: Varch. Sen. Benef. 160: Una altissima buca s'ingoi cotanti Dii.
Esempio: Car. Eneid. 4, 32: La terra m'ingoi, e 'l ciel mi fulmini, E nell'abisso mi trabocchi in prima Ch'io ti vïoli mai, pudico amore.
Esempio: Forteguerr. Ricciard. 5, 39: Ma pria che ciò il destin veder mi faccia, Vo' che la terra, ovvero il mar, m'ingoi.
Esempio: Perell. Relaz. Cont. 6, 220: Le quali [arginature] non reggendo, anzi venendo, appena costrutte, ingoiate, per così dire, dal suolo istabile e marcio, fu ec.
Esempio: Mont. Iliad. 12, 26: Intanto Giove, Perchè più ratto l'ingoiasse il mare (il muro a difesa delle navi greche), Incessante piovea.
Definiz: § III. E riferito a parole, vale Proferirle come in gola e prestamente, in modo che chi ascolta, quasi non intenda ciò che altri dice; Mangiarsele. –
Esempio: Varch. Ercol. 74: Coloro i quali favellano consideratamente, si dicono masticar le parole prima che parlino; quelli che non le sprimono bene, mangiarsele; e quelli che peggio, ingoiarsele.
Definiz: § IV. Altresì figuratam., vale Occupare, Appropriarsi, avidamente e indebitamente; riferito a beni, a sostanze, e simili. –
Esempio: Dav. Tac. 1, 246: Ogni cosa ingoierebbono i potenti, se non fussero gli avvocati che non s'addottorano senza spesa, e per attendere agli altrui fatti, lasciano i proprj.
Esempio: Bart. D. Inghilt. 1, 57: Il re Arrigo VIII chiese al Parlamento facoltà d'ingoiarsi i beni ecclesiastici de' monisterj.
Esempio: Mont. Poes. 2, 54: Essi (i patrizj).... Ingoiando i tesor, lascian per fame Il soldato perire, e per tal guisa Querulo il fanno e disperato e ladro.
Definiz: § V. Riferito a denaro, e detto di lavori, imprese, o simile, usasi a significare figuratam., Esser cagione che si spenda o si consumi in esso, Farne spendere o consumare, in gran copia. –
Esempio: Capp. Econ. 380: L'avanzo del proprietario scarso; nulla e meno che nulla, quando si tenga conto delle ricchezze, che per lunga serie d'anni il nostro suolo ingoiava.
Esempio: E Capp. Econ. 386: Ma i capitali son pochi, e i pochi non disponibili, perchè la terra se li ingoiò, e lungo disuso ci fece svogliati affatto, e affatto dimentichi delle opere industriali, e del giro de' commerci, ec.
Definiz: § VI. Familiarmente, e per lo più in proposizione negativa, riferito ad atti o fatti spiacevoli o non graditi, usasi per Tollerare, Comportare, Sopportare, e simili; che dicesi anche Inghiottire, Mandar giù. –
Esempio: Pindem. Poes. 342: Chi tanto strazia l'idioma nostro? Gallo signor, che non ingoia come Tutto il genere uman non parli gallo. Soffralo in pace.
Definiz: § VII. Ingoiar vivo alcuno, dicesi familiarmente per Sopraffarlo con parole o con bravate, Usargli violenze, angherie, e simili, per vendetta, per redarguizione, e simili; che anche si dice Mangiarlo vivo. –
Esempio: Lipp. Malm. 2, 4: Vedutolo così mutar registro, E diventare un Turco rinnegato, Eran talmente d'animo cattivo, Che l'avrebbon voluto ingoiar vivo.
Esempio: E Lipp. Malm. 7, 86: S'e' si dà il caso (Che si darà senz'altro) ch'io gli arrivi, Io me gli vo' di posta ingoiar vivi.
Esempio: Not. Malm. 1, 139: Ingoiar vivo. Usiamo spesse volte di porre quest'aggiunto vivo accanto a ingoiare o mangiare, per accrescere il terrore in chi minacciamo di tal supplizio; acciocchè colui pensi di dover sentire tutta quanta l'acerbità della pena che può sentirsi in quell'atto; laddove, essendo morto, non sentirebbe niente.