Lessicografia della Crusca in rete

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ME.
Definiz: Pronunziata coll'E stretta. Voce del pronome Io ne' casi obliqui, che talora si usa anche senza il segno del caso. Oltre all'altre maniere si osserva, che accoppiandolo colle particelle IL, LO, LI, GLI, LA, LE, NE, sempre si pone avanti di quelle. E avanti a tali particelle non si porrebbe MI, ma sempre in sua vece si usa ME.
Esempio: Bocc. nov. 21. 5. Anzi mi pregò il castaldo loro, quand'io me ne venni, che se io n'avessi alcuno alle mani, che fosse da ciò, che io gliele mandassi.
Esempio: E Bocc. nov. 22. 2. Intendo, che per me vi sia dimostrato.
Esempio: E Bocc. g. 4. p. 5. Io non intendo di risparmiar le mie forze, anzi senza rispondere quanto si converrebbe, con alcuna leggiera risposta tormegli dagli orecchi.
Esempio: E Bocc. nov. 54. 4. Poichè tu dí' di farmelo vedere ne' vivi ec. ed io il voglio veder domattina, e sarò contento.
Esempio: E Bocc. nov. 63. 8. Madonna, qualora io avrò questa cappa fuor di dosso, che me la traggo molto agevolmente, io vi parrò un uomo fatto come gli altri, e non frate.
Esempio: E Bocc. nov. 69. 20. Disse allora Nicostrato ec. mandisi senza più indugio per un maestro, il qual mel tragga.
Esempio: E Bocc. nov. 73. 6. Per veder fare il tomo a quei maccheroni, e tormene una satolla.
Esempio: E Bocc. nov. 79. 30. Egli erano poche cose, che messer Guasparruolo da Saliceto facesse ec. che egli non me le mandasse a dire.
Esempio: Fiamm. 1. 6. Così egli da me era ugualmente amato, com'egli m'amava.
Esempio: Arrigh. 56. Ma io, che Dea sono, della quale neuna è più potente di me nel mondo, ec.
Esempio: Dant. Inf. 16. Ancor men duol, pur ch'i' me ne rimembri.
Esempio: E Dan. Par. 2. Perdendo me, rimarreste smarriti.
Esempio: Petr. canz. 4. 6. Com'io sentí' me tutto venir meno.
Esempio: E Petr. canz. 13. 1. Non pur qual fu, ma pare a me, che cresca.
Esempio: E Petr. canz. 17. 3. Sì forte, ch'io per me dentro nol passo.
Esempio: Dant. Inf. 26. Rimontò il Duca mio, e trasse mee (così detto secondo l'uso degli antichi, i quali alle voci, che finiscono in vocale coll'accento grave sopra, per non le pronunziar nè tronche, nè rotte, aggiugnevano la vocale E, e talora tra l'una, e l'altra vocale interponevano una consonante, come AUTORITÀ, AUTORITAE, o AUTORITADE, RIFINÒ, RIFINOE, e simili)
Definiz: §. I. Me', pronunziato coll'E larga, e segnato con apostrofo, vale lo stesso, che Meglio Lat. melius. Gr. βέλτιον.
Esempio: Dant. Inf. 1. Ond'io per lo tuo me' penso, e discerno, Che tu mi segui, ed io sarò tua guida.
Esempio: E Dan. Inf. 2. Se' savio, e intendi me' ch'io non ragiono.
Esempio: Petr. canz. 24. 7. Me' v'era, che da noi fosse il difetto.
Esempio: Cron. Morell. 253. Di tutto ne ho fatto ricordo il me', che ho saputo.
Esempio: E Cron. Mor. 334. Iddio abbia riposta l'anima in Paradiso, e piaccia a lui prestare vita al padre, alla madre ec. se 'l me' dee essere dell'anime (così ne' T. a penna, lo stampato ha meglio)
Esempio: Morg.19. 108. E se l'avesse preso me' pel collo, Credo gettato l'arebbe in Egitto.
Esempio: Malm. 12. 25. Gli è me', che a Malmantile io me ne passi.
Definiz: §. II. Me', pronunziato pur coll'E larga, colla preposizione PER, avanti, vale quasi lo stesso, che Per mezzo, Presso, Fra.
Esempio: Bocc. nov. 50. 18. E così andando s'avvenne per me' la cesta.
Esempio: E Bocc. nov. 79. 12. Vi sono tutte le Reine del mondo; io dico infino alla Scinchimurra del Presto Giovanni, che ha per me 'l culo le corna.
Esempio: Varch. stor. 11. 372. Rilevò il signore Stefano ec. due ferite a un tempo, benchè non molto gravi; una di picca nella bocca, la quale gli cavò più denti, e l'altra d'una punta d'alabarda per me' la verga.