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1) Dizion. 5° Ed. .
GRADAZIONE.
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Dizion. 5 ° Ed.
GRADAZIONE.
Definiz: Sost. femm. Ordine dei gradi, Gradinata, in un teatro antico e in anfiteatro; e in questo senso è propriamente Termine di Archeologia.
Dal lat. gradatio. –
Esempio: Maff. Anfit. 325: Lo vidi (il teatro di Pola) fabbricato in costa al terminar d'un colle, il piè del quale viene ad esser compreso dentro, per servire a i gradi, e col suo declive mostra ancora ottimamente la gradazione, è con la curvatura il semicerchio di essi.
Definiz: § I. E per estensione, Scala; ma non è comune, e non userebbesi che in locuzione figurata, o figuratam. –
Esempio: Rondin. F. Relaz. 27: Uno di questi, che a spada tratta diceva non esser peste, faceva certa sua gradazione o scala, su la quale salito, si sollevava dalla paura, e si innalzava a speranza e quiete non del tutto vana.
Definiz: § II. Comunemente usasi in senso figurato, per Ordine, Progressione, graduale, Procedimento per gradi, ed altresì Distinzione per gradi. –
Esempio: Segner. Mann. giugn. 6, 6: Salomone, accogliendo dentro un solo versetto tutta la vita di Cristo nostro Signore, procedè con ordine, come suol dirsi, retrogrado; perchè in cambio di salire dall'incarnazione all'ascensione, scese dall'ascensione all'incarnazione. Ma non deve maravigliarti, perchè lo fe per serbare la gradazione della difficoltà, che scorgeva in misterj sì prodigiosi. Difficile a capirsi par l'ascensione di Cristo al cielo, più difficile la risurrezione, più difficile la passione, ma difficilissima affatto è l'incarnazione.
Esempio: E Segner. Mann. giugn. appr.: L'istessa gradazione della difficoltà pure appar nelle allegorie, perchè ec.
Esempio: Targ. Tratt. Fior. 284: Ma soprattutto notabili sono le gradazioni di peggioramenti seguiti nelle monete genovesi, bolognesi ec.
Esempio: Giobert. Rinnov. 2, 284: La gradazione e la proporzione sono due leggi naturali che non si prevaricano impunemente.
Esempio: Capp. Longob. 66: Una sorta di clientela o servitù militare soggettava l'uomo all'uomo per una gradazione di vassallaggi.
Definiz: § III. E Term. dei Retori. Figura, la quale consiste in una progressiva successione d'idee e di parole, talmente ordinate, che ognuna di esse abbia maggiore o minor forza di quella che le precede, fino all'ultima, che deve essere la più gagliarda o la più debole di tutte. –
Esempio: Segner. Mann. sett. 18, 5: Considera come il Salmista non dice: beatus qui intelligit super pauperem et egenum; dice: qui intelligit super egenum et pauperem. Nè credere che ciò avvenga senza mistero. Di ragion buona par ch'egli avrebbe dovuto dire all'opposto per serbare la gradazione: conciossiachè se per egenum s'intende chi si trova in estrema necessità,... e per pauperem chi si trova in quella necessità ch'è detta comune; prima senza dubbio succede ch'uno abbia poco, e così sit pauper, e che dipoi passi innanzi a non aver nulla, e così di più sit egenus. Ma qui tu devi por mente, ec.
Definiz: § IV. Usasi pure per Dolce passaggio da un grado o tuono di tinta ad un altro più gagliardo o più languido, da un colore ad un altro, dall'ombra al lume, o dal chiaro all'oscuro; Digradazione; ed altresì per Disposizione tale di colori, di chiari e di scuri, da produrre bell'armonia nell'insieme.
Definiz: § V. E figuratam. –
Esempio: Manz. Prom. Spos. 259: Miscuglio accidentale d'uomini, che più o meno, per gradazioni indefinite, tengono dell'uno e dell'altro estremo.