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1) Dizion. 5° Ed. .
ASPIDE e ASPIDO
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ASPIDE e ASPIDO.
Definiz: Sost. masc. Specie di serpentello velenoso.
Dal grec. ἀσπίς, lat. aspis. –
Esempio: Petr. Rim. 1, 289: Null'al mondo è che non possano i versi, E gli aspidi incantar sanno in lor note.
Esempio: Bocc. Laber. 159: Alle sue parole gli orecchi chiudono, come l'aspido al suon dello 'ncantatore.
Esempio: Sacch. Op. div. 117: Aspido è un serpente, che punge co' denti, e lasciavi il veleno; e questo veleno di pelle in pelle va comprendendo tanto, che l'uomo s'addormenta, e così dormendo si muore.
Esempio: Mattiol. Disc. 2, 1525: Ritrovo da diversi antichi scrittori essere gli aspidi di tre spezie, e tutti mortalissimi e velenosissimi.
Esempio: Guar. Past. fid. 1, 2: Amarilli, del candido ligustro Più candida e più bella, Ma de l'aspido sordo È più sorda, e più fera, e più fugace.
Esempio: Segner. Pred. 342: Si vider tutti venire addosso improvvisamente un esercito di ceraste, di aspidi, di saettoni.
Definiz: § I. Figuratam. Aspide sordo dicesi di Uomo di trista e maligna natura. –
Esempio: Panant. Poet. Teatr. 10: Tra questi aspidi sordi e questi allocchi Ci sto come sta il matto fra i tarocchi.
Definiz: § II. Aspide, trovasi usato anche al femminino. –
Esempio: Cavalc. Vit. SS. PP. volg. 1, 216: Trovando io un'aspide picciola, ma velenosa molto, presila, e puosilami in seno.
Esempio: Ar. Rim. 1, 242: Ed io supplico.... Ad una crudel aspide, che suole Atturarsi le orecchie, acciò placarse Non possa per dolcezza di parole (qui figuratam.).