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1) Dizion. 5° Ed. .
CERO
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CERO.
Definiz: Sost. masc. Cera lavorata e ridotta in forma di grosso cilindro, con lucignolo nel mezzo, per uso di accendersi nelle chiese durante le sacre funzioni.
Dal lat. cereus. –
Esempio: Vill. G. 711: Dando li detti castelli un cero alla festa di S. Giovanni ciascuno anno.
Esempio: Cell. G. Maestruzz. volg. 1, 25: All'accolito s'appartiene apparecchiare i lumi in sagrestia, e portare il cero.
Esempio: Alam. L. Gir. 12, 136: Sopra il qual [altare] vede star due ceri ardenti.
Esempio: Varch. Stor. 2, 79: Offeriscono invece di paliotti, con superbissima pompa, un cero.
Esempio: Red. Lett. 2, 150: In Germania e in Francia fanno certi ceri grossissimi e lunghi quattro dita traverse o poco più, con piccolissimo stoppino.
Esempio: Ricc. L. Teofr. Caratt. 3, 66: Notabile è l'uso de' Greci di far gran mortorio, con copia di ceri.
Definiz: § I. E figuratam. trovasi detto da Dante per Spirito luminoso. –
Esempio: Dant. Parad. 10: Appresso vedi il lume di quel cero, Che giuso in carne più addentro vide L'angelica natura e il ministero. (Intende di San Dionigi l'Areopagita.)
Definiz: § II. Cero Pasquale, e assolutam. Cero. –
Esempio: Not. Malm. 1, 55: Cero assolutamente detto, per antonomasia, s'intende il Cero Pasquale, il quale solennemente si benedice dal diacono il sabato santo, per significare quella colonna di fuoco che la notte faceva lume agli Ebrei allora che passavano pel deserto, e nello stesso tempo il resuscitato Salvadore.
Esempio: Vasar. Vit. Pitt. 9, 197: Intagliò fra Giovanni.... un candeliere alto più di quattordici piedi, per lo cero pasquale.
Definiz: § III. Cero dicevasi a Firenze per Torretta di legname, di carta o d'altro, colorita a cero, che soleva esser portata in offerta al tempio di S. Giovanni il dì della festa del Santo. –
Esempio: Bern. Catr. 166: Egli ènno e' ceri. B. Che viene a dire e' ceri? enn'ei di cera? N. No, Mattacone. B. O de che? N. De legname.
Esempio: Not. Malm. 1, 54: Come stavano quelle torrette, fatte di carta, o di panno, o di tavole, che la mattina di san Giovanni mettevano li nostri antichi attorno alla piazza del Tempio di S. Gio. Batista, entro alle quali stava un uomo che le muoveva: e queste le domandavano ceri.
Definiz: § IV. Cero, per similit., vale Uomo assai lungo e come intirizzito della persona, e che abbia dello stupido. –
Esempio: Pulc. L. Morg. 26, 73: E sette braccia il Pagano era giusto: Berlinghier vide venir questo cero, E non guardò perch'ei fusse gran fusto.
Esempio: Buonarr. Tanc. 4, 3: Mio pa' poteva pur darmi a quell'altro, E levarmi dinanzi questo cero.
Esempio: Salvin. Annot. Tanc. 562: Cero, uomo lungo, di rado savio, come si dice, che va pari pari, ritto ritto.
Definiz: § V. Bel cero, dicesi per ironia di Persona non molto aggraziata, e che pretenda fare il bellimbusto. –
Esempio: Ambr. Bern. 3, 3: I' ho preso pratica D'una fanciulla, della quale Albizo, Fratel di quella proprio di cui spasima Questo bel cero, è 'nnamorato.
Esempio: Grazz. Pros. 162: Come se fosse stato qualche bel cero, o figliuolo d'alcun ricco e gran cittadino.
Esempio: Adim. A. Ador. Mag. 54: Chi è qua? o là: bel cero, a quest'ora si torna?
Esempio: Not. Malm. 1, 55: Un Bel cero si dice, o per beffa o per ironia, ad un fantoccio, o che sia affatto senza garbo, o che si vanaglori d'un affettato portamento della persona.
Definiz: § VI. Impalato come un cero, dicesi di Chi se ne sta dritto e fermo e tutto interito. –
Esempio: Lipp. Malm. 1, 31: Ferma, impalata quivi come un cero, Fissando in loro il sguardo.
Esempio: Not. Malm. 1, 154: Impalata come un cero, cioè ritta ritta, e ferma nel posto.
Definiz: § VII. Avere un cero per ogni santo, dicesi proverbialm. per Corteggiare indistintamente chiunque via via ti possa giovare.
Definiz: § VIII. Avere scopato più d'un cero, si disse in modo proverbiale per Esser vissuto molto, e per conseguenza Essere assai pratico delle cose del mondo, e non facile ad essere aggirato. Probabilmente dall'aver veduto molti di quei ceri o torrette che ogni anno si appiccavano alle porte del S. Giovanni, e si spiccavano l'anno di poi; oppure dal cero pasquale: il che verrebbe a dire, Aver veduto molte feste di S. Giovanni, o fatte molte pasque. –
Esempio: Pulc. L. Son. 10: Or vedrai belle risa, Ciascun di noi scopato ha più d'un cero, Ave Rabbi Matteo fra bianco e nero.
Esempio: Varch. Ercol. 78: Quando alcuno, per esser pratico del mondo, non è uomo da essere aggirato nè fatto fare, si dice: egli se le sa; egli non ha bisogno di mondualdo, o procuratore;.... egli ha scopato più d'un cero; egli è putta scodata.