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La ricerca è stata rilevata in 152 forme, per un totale di 80 occorrenze

3° Edizione
Diz Giu. totali
148 4 152 forme
78 2 80 occorrenze
Ordinamento delle voci: alfabetico punteggio
60) Dizion. 3° Ed. .
ARROCCHIARE
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pag.142



1) id: 1283a25608ab4df3bd0a8893f8c1b9de)
Esempio: Dav. Oraz. Prov. 150. Tolsero forse l'albero d'una Galeazza di Vinegia, o del Bucentorio, o della Caracca di Rodi, e sì l'arrocchiáro, e fecerne quelle girelle?
61) Dizion. 3° Ed. .
ANDARE.
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pag.91



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62) Dizion. 3° Ed. .
FONDO
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pag.704



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Esempio: Dav. Oraz. Cos. 134. Magistrato, di che la Città nostra mancava, e pure è da coloro, che de' governi civili trattando, danaro al fondo, posto fra' necessarj [parla dell'Archivio]
63) Dizion. 3° Ed. .
PRESA.
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pag.1251



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Esempio: Dav. Oraz. 247. Questo s'adatti maestrevolmente nel muro con gesso, e matton pesto, e sugo di bucce d'olmo, e finissimo aceto, per far la presa più forte, e tenace.
64) Dizion. 3° Ed. .
LIVIDEZZA
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pag.963



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Esempio: Speron. Oraz. Ove benchè il belletto sia folto, nondimeno per entro lui, lo smorto del vecchio vi si discerne, come sotto a poca calcína, la lividezza d'un muro affumato si manifesta.
65) Dizion. 3° Ed. .
BELLETTO
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pag.211



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Esempio: Sper. Oraz. Ove benchè il belletto sia folto, nondimeno per entro lui lo smorto del vecchio vi si discerne, come sotto a poca calcína la lividezza d'un muro affumato si manifesta.
66) Dizion. 3° Ed. .
MALE
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pag.988



1) id: b0d91782d7104eb6a573ac4ff5893558)
Definiz: §. Sempre non istà il mal, dove e' si posa: Risposta di chi gli è rimproverato i suoi danni, volendo inferire, che gli stati talor si mutan dal male al bene. Onde Oraz. Od. 10. l. 2. Non si male nunc, atque olim, Sic erit.
67) Dizion. 3° Ed. .
CORPO
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pag.416



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Esempio: Dav. Oraz. delib. Queste mura fur fatte, come è verisimile, per sostener la volta, il suolaio, e 'l tetto solo di questa casa, e non altro; se noi le carichiamo del nuovo pondo di questi ferramenti, e pietroni, elleno primieramente faran pelo, poi corpo, in ultimo sbonzoleranno.
68) Dizion. 3° Ed. .
Z
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pag.1823



1) id: 677af3ad0c1f430c911b133860b0f6f7)
Definiz: Lettera di suono molto gagliardo, e assai in uso, appo i Toscani: ha due suoni diversi, o forse più, secondo gli accoppiamenti dell'altre lettere, colle quali ell'è collocata, ma due sono i più principali, e più conosciuti: il primo più intenso, e gagliardo, da alcuni detto aspro, e più simigliante al primo, che abbiamo assegnato alla lettera S, e a noi più frequente: come Prezzo, Carezze: Zana, Zio: l'altro più sottile, e rimesso, chiamato da altri rozzo, da noi meno usato, e più simile al secondo suono della S, come Rezzo, Orzo: Zanzara, Zelo; onde per fuggir la mala pronunzia, carattere differente le si vorrebbe. Posta la Z davanti all'I, alla qual seguiti altra vocale, vi fu chi disse non raddoppiarsi giammai, e sempre profferirsi col primo suono detto di sopra: come Letizia, Astuzia: Azione, Orazione, Invocazione. Vi ha pure chi continuo si serve di questo carattere raddoppiato, scrivendo Letizzia, Annunzzio. Molto in somma ne è stato detto da' nostri Gramatici. A noi parendo, che in alcun luogo si profferisca più semplice, e pura di suono, altrove con maggiore empito, e forza, così appunto come l'altre consonanti, abbiamo usato nel primo caso la z scempia, nella seconda maniera porla doppia, come giusto l'altre lettere consonanti, scrivendo Vizio, Carrozziere, ec. Dopo di se non riceve niuna dell'altre consonanti, ne in principio, ne in mezzo della parola. Avanti di se, in mezzo di dizione, e in diversa sillaba, consente la L, N, R: come Balzo, Lenza, Scherzo. Raddoppiasi nel mezzo delle parole, come tutte l'altre consonanti, benchè differenza grande di suono non si senta dal pronunziarla doppia, o scempia, essendo, come s'è detto di suon gagliardo. Ma se per via di riprova si converta la Z in S, come lettera sua propinqua, e come l'usano in alcuni luoghi di Toscana, si troverrà, che dove la Z dee andar doppia, la S sarà doppia: come Palazzo, Palasso: Piassa, Piazza, e dove la Z dee ire scempia, ancora si troverrà la S scempia: come Letizia, Letisia: Orazio, Orasio: Fabbrizio, Fabbrisio: però con questa regola la Z andrà sempre scempia, dove, convertita in S si troverrà una sola S, il che addiviene, quasi sempre, che alla Z seguita l'I, che allato abbia la vocale: Pur vi ha chi scempia pone la Z in altre poche, cioè in quelle voci, le quali hanno la penultima sillaba breve, e nell'ultima la Z: come Poliza, Obizo, Previza: perciocchè, convertita la Z, in S, si dirà Previsa, Polisa, Obiso, ec. Le quali voci, nella nostra lingua, oltre a' nomi propri, non arrivano forse al numero di tre.