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H.
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H.
Definiz: Lettera ottava dell'alfabeto; pronunziasi Acca, ed è più spesso di genere femminile. Essa non ha per sè verun suono, ma serve a indicare il suono gutturale del C e del G, posta tra esse e le vocali E ed I, come Che, Chi, Cherico, Chiesa, Gherone, Ghirlanda, e via dicendo. Serve altresì come segno di una certa aspirazione, soggiunta alla vocale, o interposta tra le due vocali di alcune interiezioni, come Ah, Deh, Eh, Oh, Ahi, Ahimè, Ehi, Ohi, ec. E finalmente premettesi alle tre persone singolari e alla terza persona plurale del Presente Indicativo del verbo Avere, come segno di distinzione da altre voci ugualmente formate, quali sono O congiunzione, Ai, articolo, A preposizione, Anno nome. –
Esempio: Giambull. P. F. Ling. Fior. 43: La H non essendo mai stata lettera nè a' greci nè a' latini, e non avendo suono manifesto, non è lettera a noi ancora; ma uno spirito grasso, che ci serve a distinguere tra ci e chi; ce e che; gi e ghi; ge e ghe; e nella fine di alcuni inframmessi ad esprimere il roco ed interrotto suono di quelli.
Esempio: Salv. Avvert. 1, 285: Della H dicemmo alcuna cosa innanzi all'opera delle novelle.... Questo carattero, come altrove si ragionò, quanto è la pronunzia e la voce, senza il seguito del c e del g, appo di noi non è nulla: posto innanzi ad alcun di loro si fa con esso una lettera ch, gh, onde mezzo carattere, nel volgar nostro, più veramente si potrebbe appellare.
Esempio: Buomm. Ling. tosc.: L'H, al parer mio, serve nella nostra lingua per tre cose e per tre uficj; per mezza lettera, per aspirazione, e per distinzione.
Esempio: Magal. Lett. 138: Quel maledetto H mi trasfigurava talmente la voce The, che nè meno per pensiero mi passava per il capo il Te te, costituitivo della chiamata de' cani.
Esempio: Buonav. Tratt. Ort. tosc. 338: L'H appresso noi Toscani non ha suono veruno, ma ce ne serviamo per tre ufficj: per mezza lettera, per aspirazione e per segno.
Definiz: § I. Anticamente solevasi premettere a certe interiezioni, o esclamazioni, come Ha, He, Hi, Hoe, Hui; le quali oggi meglio scriverebbersi Ah, Eh, Ih, Ohe, Uhi. –
Esempio: Dant. Purg. 16: Alto sospir, che duolo strinse in hui, Mise. Bocc. Decam. 3, 94: Io m'avviso che tu ti credesti.... che la gentildonna ti dovesse incontanente ricevere in braccio. Hi, meccere.
Esempio: E Dant. Amor. Vis. 17: Ha! come bella seguiva una storia Della figliuola d'Inaco, ec.
Esempio: But. Comm. Dant. 2, 374: Duolo strinse in hui; imperò che non compiè di metter fuora tutto 'l sospiro; ma finitte in questa voce hui, che è interiectio dolentis; cioè voce che significa dolore.
Esempio: Machiav. Comm. 117: Chi apre l'uscio suo, è egli il famiglio? L. No: gli è lui, ha, ha, ha, he!
Esempio: Buonarr. Fier. 3, 1, 1: Com'ha e' nome? S. I. Ha nome Sano. S. II. Nome, ch'assai quadra A chi fa da spezial. S. I. Chiamalo. S. II. Hoe!
Definiz: § II. Appresso gli antichi fu usata in luogo della lettera V. –
Esempio: Salv. Avvert. 1, 286: Vihuola, così con la H scrisse due volte [il Boccaccio].... E che la H, per lo detto u consonante e sua pronunzia, si creda posta nella predetta voce, dirittamente addiviene, poichè viuuola, in questa guisa con due uu, nelle stesse [novelle] si legge non poche volte.... Onde par quasi che per lo vecchio digamma.... il segno della H da' nostri del miglior secolo fosse riconosciuto.